Ci sono persone che si ritrovano spesso a manifestare atteggiamenti distruttivi, per se stesse e per gli altri, in modo impulsivo e incontrollato, totalmente in preda a stati emotivi irrefrenabili. Lo schema è sempre lo stesso: quando vengono attivati filtri cognitivi che impediscono di ascoltare o vedere una situazione in modo oggettivo e neutro, o quando queste persone non ottengono quello che vogliono o che si aspettano, scatta un meccanismo aggressivo di attacco-difesa, durante il quale le emozioni negative prendono il sopravvento. Finita la fase esplosiva, queste persone si rendono conto che non esisteva nessuna situazione di attacco o di pericolo e che la reazione è stata esagerata, escono dal loro trans di aggressività, si pentono, si mortificano, a volte chiedono scusa, ma lo schema si ripete con regolarità.
Chi agisce in preda a questi impulsi è una persona che sta soffrendo e che non è in grado di porre fine al meccanismo “automatico” che fa scattare la rabbia ogni volta che si ripresentano particolari situazioni o stati emotivi. Non è altro che un condizionamento comportamentale, un meccanismo che s’instaura nell’infanzia e che si ripete regolarmente se non si decide di intervenire.
Che cosa fare e come uscire da questo schema? Innanzitutto cosa non fare: pensare che qualcun altro possa risolvere questa dinamica o cadere nell’autoinganno della soluzione del problema attraverso l’autocontrollo. Il classico: “Ho capito, non lo faccio più” non funziona. La persona che manifesta aggressività non può smettere di agire in questo modo (pur avendo capito di aver sbagliato) semplicemente dicendosi o pensando di non farlo più. Per smettere di essere un ostaggio delle proprie emozioni è necessario intervenire a un livello più profondo, l’autocontrollo non basta.
Un comportamento impulsivo è sempre legato a uno stato emotivo che “si attiva” al manifestarsi di situazioni ben specifiche. È come avere dei pulsanti che vengono premuti in circostanze particolari e che innescano un comportamento su cui non si ha controllo. Come fare allora a disattivare questi schemi?
Innanzitutto è importante riconoscere il modello che si ripete e andare a cercare e isolare le situazioni che lo innescano. Sono sempre situazioni legate a temi a noi sensibili. L’attivazione può avvenire ogni volta che sentiamo minacciata la nostra autostima, ogni volta che ci sentiamo insicuri o che pensiamo ci sia venuto meno il rispetto che ci aspettiamo. Qualunque sia la causa è importante ricordare che sono tutte delle percezioni personali, e che non necessariamente siamo stati messi in discussione, se non da noi stessi. È altrettanto importante ricordare che la persona o la situazione che ha scatenato la reazione, non è responsabile per la rabbia che si prova. È l’interpretazione personale della situazione e la reazione al problema la causa della rabbia.
Generalmente, in seguito ad un evento o a una frase che ci viene rivolta, elaboriamo l’episodio o l’informazione processando il nostro pensiero secondo le nostre aspettative e sensazioni personali che si basano su esperienze precedenti. È perciò importante, una volta identificato lo schema d’attivazione, isolare l’evento e contestualizzarlo. Per fare questo è fondamentale imparate ad ascoltare e analizzare i nostri dialoghi interni. Molti di noi si perdono in monologhi interni nocivi, proiettando situazioni inesistenti e generando un continuo di emozioni negative che vanno ad alimentare stati d’animo depotenzianti che impediscono di uscire dal vortice di negatività. È necessario abituarsi a cambiare i propri dialoghi interni sostituendoli con affermazioni costruttive.
Altrettanto importante è imparare ad ascoltare il nostro interlocutore con l’intenzione di capire e non con quella di replicare, giudicare o difendersi. Le reazioni impulsive nascono anche perché, oltre al condizionamento emotivo, dopo le prime parole che ascoltiamo, ci limitiamo a registrare solo alcuni elementi partendo poi per la tangente con l’elaborazione del nostro pensiero, sulla base di filtri legati a esperienze o giudizi personali, e smettiamo di ascoltare poiché ormai nella fase di replica (e spesso attacco).
È necessario quindi imparare ad ascoltare in modo totalmente neutrale e lasciando andare il giudizio. Inoltre si deve imparare a focalizzarsi sull’obiettivo e distinguere le cose importanti, da quelle che non lo sono. Spesso si agisce motivati da delle convinzioni o prese di posizioni irragionevoli e non oggettive e si reagisce solo per inflessibilità perdendo di vista l’obiettivo finale. Per evitare di cadere in questa trappola ci si può porre la domanda: che cos’è più importante per me in questo momento? Questo aiuta a fare il punto della situazione e verificare se ci si è allontanati dall’obiettivo.
Disattivare i “pulsanti” legati ai nostri comportamenti reattivi richiede impegno e consapevolezza, e non è un percorso sempre semplice e lineare. È importante quindi ricordare che nonostante le deviazioni che potremmo incontrare nel percorso di crescita, i nostri comportamenti non determinano chi siamo e avremo sempre una nuova occasione per agire diversamente.