Affamati di bellezza

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. I disturbi dell’alimentazione più noti sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, e il disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). I manuali diagnostici, descrivono anche disturbi correlati, come i disturbi della nutrizione (feeding disorders) e i disturbi subclinici di alimentazione disordinata, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi di anoressia nervosa, bulimia nervosa, o binge eating.

L’anoressia nervosa è caratterizzata da un’estrema restrizione alimentare con peso significativamente (e pericolosamente) al di sotto della media. La bulimia nervosa è caratterizzata da episodi ricorrenti di abbuffate seguiti da comportamenti compensatori volti a prevenire l’aumento di peso (ad esempio: procurarsi il vomito o l’uso di lassativi e diuretici). Infine, il binge eating è caratterizzato da alimentazione incontrollata senza comportamenti compensatori.

Mentre le diagnosi cliniche di anoressia nervosa, bulimia nervosa, e binge eating sono relativamente infrequenti, ma diagnosticate in modo chiaro, livelli subclinici di alimentazione disordinata (come ad esempio saltare i pasti, restrizioni caloriche intermittenti, pensiero ossessivo verso il cibo o la forma fisica, l’uso di pillole dimagranti, purghe, diuretici o diete estreme, abbuffate seguite da digiuno, esercizio fisico eccessivo, saune frequenti, ecc.), sono molto più comuni ma sfuggono spesso a una diagnosi restando latenti, ma arrecando comunque gravi danni alla salute, sia a livello fisico sia psicologico.

Sono stati identificati diversi fattori di rischio e specifici per l’anoressia, la bulimia, il binge eating e gli altri disturbi di alimentazione disordinata.

Il termine “fattore di rischio” si riferisce a una caratteristica misurabile che precede l’insorgenza di un disturbo. I disturbi alimentari hanno molteplici fattori di rischio biologici e psicosociali, inclusi fattori genetici e ambientali.

La dieta può rappresentare un percorso di sviluppo comune ai disturbi del comportamento alimentare, ed è forse uno dei primi fattori di rischio da considerare. È stato osservato che iniziare a intraprendere un percorso di diete con una drastica restrizione calorica e ripetuta nel tempo, soprattutto in giovane età, può lasciare conseguenze a lungo termine e in alcuni casi, il ripetersi delle diete da origine a disturbi del comportamento alimentare.

Le preoccupazioni legate alla forma e al peso, il contenimento alimentare e la storia familiare di un disturbo alimentare sono tra i fattori di rischio più consolidati per i disturbi alimentari.

Alcuni ambienti possono aumentare la vulnerabilità allo sviluppo di disturbi alimentari e a un’alimentazione disordinata. In particolare, gli ambienti che promuovono l’importanza dell’aspetto fisico contribuiscono in modo significativo ad atteggiamenti e comportamenti alimentari disordinati. Questo si osserva ad esempio in ambito sportivo e artistico, quando la forma del corpo è un requisito specifico necessario alla performance. Si pensi al balletto, la danza, e tutte le categorie sportive che suddividono gli atleti secondo il peso corporeo. In queste categorie i disturbi del comportamento alimentare sono molto prevalenti.

L’anoressia è stata associata a problemi di alimentazione infantile e perfezionismo, e il perfezionismo è stato documentato anche nella bulimia. La bulimia è stata associata a una storia personale di obesità infantile e scherno legate al peso, e a una storia genitoriale di disturbi alimentari come la dieta e l’eccesso di cibo, fattori di rischio che sono anche pertinenti nello sviluppo del binge eating. Anche tratti caratteriali come la ricerca di novità e il nevroticismo sembrano essere rilevanti nell’eziologia di questi disturbi.

È stato ipotizzato che le donne anoressiche abbiano maggiori probabilità di avere una storia familiare di anoressia ma meno probabilità di avere una storia familiare di sovrappeso e altri aspetti del peso e problemi alimentari e una storia personale di essere vittime di bullismo o prese in giro rispetto alle donne con bulimia e binge eating.

Fattori comportamentali legati al perfezionismo sembrerebbero più significativi per l’anoressia, al contrario i fattori comportamentali associati all’impulsività, problemi di condotta, abuso di sostanze e una storia di gravidanza precoce, sarebbero associati a un rischio maggiore per bulimia e binge eating.

Affettività negativa, problemi genitoriali (contrasti familiari, elevate esigenze ed eccessivo controllo genitoriali, separazioni dai genitori e assenza o morte dei genitori), psicopatologia genitoriale, storia familiare di dieta, disturbi ambientali e privazioni (frequenti spostamenti) e abusi sessuali e fisici sono stati ipotizzato come fattori di rischio comuni nei disturbi alimentari.

È stato dimostrato che un indice di massa corporea elevato è in grado di predire l’aumento di diversi fattori di rischio per un’alimentazione disordinata, e l’insorgenza di patologie bulimiche, abbuffate e sintomi di disturbi alimentari.

La ricerca ha dimostrato differenze interculturali nei livelli di fattori di rischio stabiliti per i disturbi alimentari, come l’interiorizzazione degli ideali di apparenza e le pressioni legate all’aspetto, nonché differenze nella forza delle associazioni tra fattori di rischio e alimentazione disordinata. Gli ideali dell’aspetto occidentale rilevano l’importanza della magrezza per le donne e la ricerca suggerisce che comportamenti alimentari disordinati possono essere legati alla cultura, manifestandosi in gran parte all’interno di culture esposte agli ideali di bellezza occidentali.

Infine, la teoria dell’oggettivazione, che ha avuto origine all’interno di un quadro femminista, ma che è stata successivamente ampliata per affrontare i disturbi alimentari osservati negli uomini, è una teoria socioculturale dei disturbi alimentari che tenta di spiegare come gli ambienti sociali in cui viene vista la forma femminile come “oggetto estetico” che deve essere valutato da altri contribuisce alle alte percentuali di disturbi alimentari osservati nelle ragazze e nelle donne.

La teoria suggerisce che le donne nelle società occidentali comunemente sperimentano casi di oggettivazione sessuale in cui “le caratteristiche fisiche tipicamente femminili o le funzioni sessuali di una donna sono separate dalla sua persona, considerate come se fossero in grado di rappresentarla”. Esempi di tali esperienze sessualmente oggettivanti includono richiami (catcalling), sguardi maliziosi, commenti sessuali e immagini dei media che evidenziano la forma femminile come oggetto di piacere o estetico.

La teoria dell’oggettivazione propone che l’esposizione ripetuta a esperienze di oggettivazione sessuale e il rafforzamento sociale dell’accettabilità di tali pratiche, induca le ragazze e le donne a interiorizzare questi messaggi, imparando a vedere i loro corpi dalla prospettiva dell’osservatore esterno e a concettualizzare i propri corpi come oggetti da essere esaminato da altri (auto-oggettivazione).

Si teorizza che le donne che hanno interiorizzato tale punto di vista, sperimentino una maggiore autocoscienza riguardo al loro aspetto fisico, che si manifesta in livelli elevati di auto-sorveglianza o monitoraggio del corpo.

L’auto-oggettivazione si riferisce a uno schema del sé appreso riguardo all’importanza del proprio aspetto; e l’auto-sorveglianza rappresenta la manifestazione cognitiva e comportamentale dell’auto-oggettivazione caratterizzata dal costante monitoraggio del proprio aspetto.

Fredrickson e Roberts (1997) propongono che il monitoraggio e la valutazione continui del proprio aspetto conducano a una serie di esiti psicologici negativi tra cui la vergogna del corpo e l’ansia da apparenza, che poi contribuiscono allo sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare.

La teoria dell’oggettivazione postula che l’oggettivazione sessuale e di sé è in gran parte un’esperienza femminile. Coerentemente con la teoria, la ricerca suggerisce che sebbene i ragazzi e gli uomini riportino esperienze di oggettivazione sessuale, ragazze e donne sostengono livelli considerevolmente più elevati di sessualità e auto-oggettivazione. Le donne sembrano anche essere più sensibili ai messaggi oggettivanti, esibendo un maggiore impatto psicologico quando vengono innescate con comportamenti oggettivanti.

La prevalenza di un’alimentazione disordinata sembra aumentare durante l’adolescenza e diminuire nell’età adulta indicando che la relazione tra auto-oggettivazione e alimentazione disordinata può variare con l’età. È quindi possibile che l’età moderi il rapporto tra auto-oggettivazione e alimentazione disordinata.